moja polska zbrojna
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Al fronte italiano

Nel 1944 le truppe del II Corpo d’Armata Polacco si trovavano sugli Appennini, occupati dai tedeschi a partire dal settembre dell’anno precedente, trasferite in quel posto dal Vicino Oriente dai britannici.

Alla sinistra, Władysław Raczkiewicz, il presidente della Polonia in esilio negli anni 1939-1947, a destra, generale Władysław Anders, comandante del II Corpo polacco.

Il Corpo insieme all’esercito americano e britannico, doveva partecipare alla campagna italiana. Era comandato da un generale, Władysław Anders.

Soldato di cavalleria

Anders è uno dei comandati polacchi più famosi – un ufficiale talentuoso, organizzatore dell’arma, un leader ideologico e politico dell’emigrazione del dopoguerra, un avversario intransigente della Russia sovietica e dei comunisti polacchi. Nacque l’11 agosto 1892 nella Repubblica di Polonia privata dell’indipendenza e divisa tra tre occupanti, in territorio della Nazione della Vistola, come i Russi chiamavano le terre della Polonia centrale, appartenente alla Russia. Proveniva da una famiglia di origini tedesche-svedesi-ungheresi, però si sentiva legato alla cultura polacca. Come i suoi fratelli minori – Karol, Jerzy e Tadeusz, scelse la carriera militare che iniziò nell’esercito russo durante gli studi al Politecnico di Riga. Durante la Prima guerra mondiale dimostrò di essere un ufficiale molto bravo, si distingueva per il coraggio personale e per eccezionali capacità di comando. Grazie alle coraggiose incursioni della cavalleria si guadagnò l’apprezzamento dei comandanti russi, promozioni e onorificenze numerose. Dopo la rivoluzione di febbraio lasciò l’esercito dell’occupante e si arruolò al I Corpo Polacco, una formazione di volontari alleata all’esercito russo, comandata da un generale polacco, che fino a quel momento, come Anders, aveva svolto il servizio presso i russi, Józef Dowbor-Muśnicki. Dopo la smobilitazione del corpo nel 1918, forzata dai tedeschi che occupavano le gubernije occidentali dell’Impero Russo, andò a Varsavia. Lì si arruolò aPolska Siła Zbrojna (Forze Armate Polacche), una formazione militare soggetta alle autorità del Regno di Polonia, che dal punto di vista formale era un vassallo degli imperi germanico e austro ungarico. Al momento della decomposizione di tutti e tre gli stati occupanti nel novembre del 1918 e il ripristino dell’indipendenza da parte della Polonia, diventò ufficiale del nuovo Esercito Polacco. Nel 1919 partecipò alla formazione dell’esercito polacco nella Grande Polonia, una regione occidentale della Polonia, in cui scoppiò la rivolta contro i governatori tedeschi. Come capo di stato maggiore dell’Esercito della Grande Polonia propose un’offensiva coraggiosa al nord, attraverso la Pomerania, per aprire un pezzo di strada desiderata sulle rive del Mar Baltico. Dopo, in veste di capo del 15° Reggimento degli Ulani di Poznań ebbe una serie di successi durante la guerra polacco – bolscevica del 1920. In seguito ai successi nei campi di battaglia, Anders fu diretto agli studi presso l’Ecole Superieure de Guerre francese, e di seguito fu assegnato all’Ispettorato Generale della Cavalleria. Alla sua carriera non recò pregiudizio neanche la lotta contro il maresciallo Piłsudski durante il colpo di stato nel maggio del 1926. Durante quell’evento fu dalla parte del governo e del presidente i quali organizzarono la resistenza armata contro le truppe ribelli comandate dal maresciallo polacco. Al contrario, Piłsudski gli affidò il comando della 2a Brigata Indipendente della Cavalleria, e nel 1934 lo promosse al grado di generale di brigata.

Mentre comandava la Brigata di Cavalleria di Nowogród durante i combattimenti contro i tedeschi e i russi nel settembre del 1939, fu ferito due volte e fu tenuto sotto prigionia sovietica. Nato come luterano, così ricordava il benvenuto nella prigione di Mosca: “Mi dicono di scendere nel cortile della prigione. Effettivamente è un cortile della prigione. Mi portano attraverso tanti angolini. Perquisizioni eseguite più volte. Durante la prima perquisizione mi portano via tutti gli oggetti insieme alla valigia. Mi lasciano solo coperta, sapone, spazzolino per i denti e bicchiere. I vestiti, le scarpe – tutto tagliato e strappato. Ad un certo punto trovano la medaglietta con la Madonna. Sopra la medaglietta si raccolgono in più di dieci. Risate grossolane: - Va bene, vediamo se questa p… ti aiuta nel carcere sovietico.

La medaglietta buttata per terra e calpestata. Fino ad oggi non riesco a riprendermi dalla sensazione di malessere che ho provato. Dopo, in prigione, ho sognato spesso la medaglietta. Ho visto in continuazione la faccina della Madonna Nera di Częstochowa, di solito simile a santa Teresa. Sentivo la sua tutela continua su di me. Più risate di senzadio sentivo attorno, più si consolidava la mia fede in Dio. Mi dava la forza per vincere le debolezze umane in quei momenti difficili per me”.

Tenente Colonnello Władysław Bobiński nel carro armato M4 Sherman durante la battaglia di Ancona il 17-18 luglio 1944.

Maltrattato e interrogato in modo crudele per quasi due anni, fu liberato dalla prigione di Lubjanka a Mosca nell’agosto del 1941, dopo la stipula dell’accordo polacco-sovietico. Diventò allora il capo di “Esercito Polacco in URSS”, composto dalla folla di cittadini polacchi liberati dai russi dai campi di concentramento, dalle prigioni e dall’esilio. L’esercito – secondo un’espressione usata dal suo comandante – diventò una “piccola Polonia itinerante”, che nel 1942 fu evacuata dall’URSS al Vicino Oriente. Da lì, una sua parte come II Corpo Polacco, sempre sotto i comandi di Anders, a cavallo tra 1943 e 1944, fu trasferita al fronte italiano.

Verso la fine della Seconda guerra mondiale, Anders assunse le funzioni del Capo Supremo e le ricoprì fino alla fine del 1945. La smobilitazione delle Forze Armate della Polonia che combattevano nell’Europa occidentale avvenne negli anni 1946 – 1947 però Anders, dopo essere andato a vivere a Londra, fino all’anno 1954 ricoprì la funzione dell’ispettore generale delle forze armate, e negli anni 1954 – 1970 fu membro del cosiddetto Consiglio dei tre, cioè dell’ufficio collegiale del presidente della Polonia in esilio.

Siccome non accettava il governo comunista in Polonia richiedendo che si svelasse la verità sulla sorte di migliaia di ufficiali polacchi uccisi dai russi nel 1940 (massacro di Katyn’), da parte delle autorità comuniste nel suo paese fu considerato il principale nemico. Privato della cittadinanza, diffamato dalla propaganda, continuava a godere di rispetto immenso degli ex subordinati e in particolare dei soldati del suo esercito salvati dai lager sovietici nel 1941. Nella Polonia oppressa dalla Russia rappresentava la speranza per il ripristino della libertà e il simbolo di intransigenza nella lotta per la sovranità della patria. Il generale non visse fino al recupero della sovranità – morì nel 1970 in esilio e secondo la sua ultima volontà fu sepolto tra i suoi subordinati a Montecassino.

Polacchi a Montecassino

„E il loro stendardo bianco e rosso lo issarono sulle rovine tra le nuvole” – le parole, la notte precedente alla conquista di Montecassino, furono scritte da Feliks Konarski, l’autore della canzone Papaveri rossi su Montecassino – un racconto commovente del sacrificio e del martirio dei soldati polacchi, offerti nella battaglia sanguinosa.

Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi fortificarono il monte con la famosa abbazia benedettina, incorporandola alla cosiddetta Linea Gustav – linea di fortificazioni che tagliava ametà gli Appennini e chiudeva la strada per Roma. La chiave per aprire questo chiavistello era proprio Montecassino. La difesa dell’area fu affidata ad un’unità d’élite, cioè alla 1a Divisione Paracadutisti che decimò gli americani che tentarono di conquistare Montecassino a gennaio 1944 nonché le truppe britanniche – indiane, neozelandesi, inglesi, irlandesi – che attaccarono il monte a febbraio e a marzo. Pure l’aver raso al suolo l’abbazia, che, in base agli accordi politici non era soggetta all’occupazione militare, da parte dell’aeronautica americana risultò irragionevole – i tedeschi solo dopo la sua distruzione occuparono delle posizioni fra le macerie dell’abbazia.

Quando gli Alleati provarono a riavviare l’offensiva in primavera, il compito dell’attacco frontale di Montecassino venne assegnato al II Corpo Polacco, appena arrivato in Italia. Anders accettò il compito ingrato, sperando di usare l’eventuale successo come propaganda nel gioco volto a garantire la conservazione dell’indipendenza da parte della Polonia, perché a partire dal gennaio 1944, le terre polacche venivano gradualmente occupate, già per la seconda volta durante la guerra, dall’Armata Rossa.

Zappatore della 3a Divisione Fucilieri dei Carpazi durante la battaglia di Bologna, aprile 1945.

L’assalto volto a deviare l’attenzione dei tedeschi dall’attività degli Alleati fu preceduto da preparativi meticolosi, come la costruzione della famosa Strada dei Genieri Polacchi. L’11 maggio 1944 alle ore 23.00, il fuoco tempestoso dell’artiglieria iniziò l’operazione “Honker” – l’assalto dell’8a Armata britannica e della 5a Armata americana alla Linea Gustav. L’assalto furioso condotto sul tratto polacco da trecento cannoni indebolì solo leggermente l’avversario e quando all’attacco partirono i fanti, i tedeschi aprirono il fuoco preciso con lanciabombe e con mitragliatrici. I polacchi riuscirono ad occupare temporaneamente una parte delle colline però le perdite che stavano aumentando rapidamente e i contrattacchi dei tedeschi fermarono l’assalto. Il terreno difficile, minato, e il fuoco che impediva l’introduzione di rinforzi e di carri armati nel combattimento, costrinsero Anders a ritirare le truppe verso le posizioni di partenza.

Anche se i polacchi realizzarono il compito impegnando forze importanti dell’avversario e consentendo al XIII Corpo di penetrare la difesa tedesca nella valle del Liri, Anders decise di ritentare di conquistare Montecassino. Il secondo assalto, iniziato la notte tra il 16 ed il 17 maggio, questa volta finì con la vittoria. Nonostante una resistenza feroce i polacchi ruppero parzialmente le linee tedesche e quando l’attacco cominciò a indebolirsi, alla lotta aderirono le ultime riserve – un battaglione improvvisato composto di autisti, impiegati e soldati dei servizi ausiliari. Il 18 maggio furono conquistate la Masseria Albaneta, le colline 593 e 569 e di seguito furono occupate le macerie dell’abbazia di Montecassino abbandonate dai tedeschi. Verso le dieci di mattina, la pattuglia del 12° Reggimento Ulani di Podolia vi issò la bandiera bianca e rossa.

L’epilogo sanguinoso della battaglia fu il combattimento di Piedimonte San Germano, fatto dai polacchi tra il 20 e il 25 maggio, in seguito al quale, la strada per Roma fu definitivamente aperta. Nella città eterna, il 4 giugno, entrarono gli americani.

Le perdite dei polacchi furono gravi – ben 924 soldati polacchi caduti oppure morti in seguito a causa delle ferite riportate, 2930 subirono lesioni, e 345 scomparvero. I caduti, nel 1946, furono sepolti nel cimitero militare costruito sul pendio del monte, tra Montecassino e la collina 593. Il cimitero diventò presto uno dei mausolei polacchi. Dirigendoci verso le tombe, camminiamo su una scritta monumentale sul pavimento all’ingresso del cimitero: “Passante, di’ alla Polonia che siamo caduti fedeli al suo servizio”.

Ancona e Bologna

Il combattimento del II Corpo contro i tedeschi in Italia iniziò nel febbraio del 1944, e il loro momento culminante fu la battaglia di Montecassino data a maggio. Però i soldati polacchi parteciparono alla campagna complessivamente per quindici mesi, combattendo nelle montagne e nei territori costieri, valicando i fiumi e le linee di fortificazioni.

Dopo la battaglia l’offensiva degli Alleati acquistò velocità. Il II Corpo sfinito, inizialmente doveva essere ritirato dal fronte per un mese, però il comandante del 15° Gruppo d’armate, il generale Harold Alexander, lo mandò al fronte adriatico per l’attività di inseguimento. Dal 4 al 25 giugno le truppe furono trasferite ai confini orientali dello stivale italiano. Prima che finisse il riassetto, ricevettero l’ordine di iniziare l’attacco nella direzione di Ancona. L’inseguimento della 278a Divisione di Fanteria risultò molto difficile perché l’avversario faceva un’attività di disturbo, bloccando lo stretto corridoio costiero, di pochi chilometri, accessibile per le truppe motorizzate. Solo il 1° luglio fu possibile occupare Loreto, con il famoso santuario della Madonna, prendere le teste di ponte oltre il fiume Musone e iniziare la lotta per Ancona. La prima fase, di una settimana, chiamata anche battaglia di Loreto, finì con il respingimento dell’avversario il quale però evitò di essere disintegrato, chiamò i soccorsi e creò una linea difensiva nuova.

I cittadini di Ancona salutano i soldati del 15° Reggimento di Ulani di Poznań del II Corpo Polacco.

La pausa nell’attacco venne usata da Anders per mettere in ordine le truppe, per il rifornimento dell’approvvigionamento e per preparare l’attacco diretto su Ancona. Conformemente al programma, il 17 luglio la 3a Divisione dei Fucilieri dei Carpazi polacca iniziò operazioni offensive simulate volte a richiamare l’attenzione dei tedeschi, e in quel mentre, la 5a Divisione di Fanteria “Kresowa”, supportata dalla 2a Brigata Corrazzata e dal 7° Reggimento Ussari, mise a segno il colpo principale ad ovest della città. Nonostante una resistenza ostinata, le truppe polacche gradualmente respingevano l’avversario, occupando in successione i paesi e interrompendo alla fine del giorno le sue linee difensive.

Alle otto di sera Anders diede l’ordine secondo il quale le truppe corazzate dovevano girare verso il mare e bloccare la strada di ritorno ai difensori. I tedeschi riuscirono però a ritirare una parte delle truppe da Ancona. Il 18 luglio alle 14.25 nella città indifesa entrarono i commando polacchi, supportati dal 15° Reggimento di Ulani di Poznań. Fu raggiunto uno degli obiettivi principali dell’offensiva degli Alleati – conquistare il porto non distrutto nel quale, appena cinque giorni dopo, entrarono le prime navi con gli approvvigionamenti.

L’offensiva di Ancona fu l’unica operazione programmata e realizzata autonomamente dai militari polacchi. Anders nel suo ambito comandò non solo il II Corpo ma anche il Corpo Italiano di Liberazione e le unità britanniche: il 7° Reggimento Ussari e i17° e 26° Reggimenti di Artiglieria Antiaerea. Il successo spettacolare fu però ripagato con delle perdite sanguinose: nel combattimento diretto di Ancona ci furono 377 caduti e feriti e durante l’intera offensiva nella costa adriatica – 496 caduti, 1789 feriti e 139 scomparsi. Le salme dei caduti furono sepolte nel Cimitero Militare Polacco di Loreto, nelle vicinanze della Basilica della Santa Casa.

Dopo esaurienti attività di inseguimento, realizzate nell’estate e nell’autunno del 1944, il II Corpo passò alla difesa sul fiume Senio. Nel marzo del 1945 iniziarono i preparativi ad un’offensiva nuova volta alla distruzione degli eserciti tedeschi nell’Italia settentrionale. Uno dei compiti principali dell’8a Armata fu affidato ai polacchi che, dopo lo scavalcamento del Senio e dopo l’interruzione della difesa tedesca, dovevano compiere la manovra di attacco sui fianchi nella direzione di Bologna, per tagliare la strada all’avversario che si stava ritirando. L’attacco iniziato il 9 aprile finì con successo grazie al supporto del corpo britannico e delle unità di ingegneria, dell’artiglieria e dell’aeronautica. Inseguendo il nemico il corpo superava gli ostacoli idrici incontrati via via e il 21 aprile conquistò Bologna. Il successo comportò una disintegrazione forte dell’esercito tedesco in Italia e di conseguenza la sua capitolazione e la fine di tutta la campagna italiana da parte degli Alleati. Durante l’offensiva primaverile le perdite del corpo polacco ammontarono a oltre duecento caduti, oltre milleduecento feriti e più di dieci soldati scomparsi. I caduti furono sepolti nel Cimitero Militare Polacco di Bologna.

Una ragazza italiana sul carro armato M4 Sherman con i soldati del I Reggimento Ulani di Krechowce dopo l’entrata dei soldati del II Corpo Polacco a Bologna, il 21 aprile 1945.

La campagna italiana del II Corpo si svolse nell’ombra della tragedia dei suoi soldati, incomprensibile per gli Alleati. I terreni orientali della Polonia furono occupati dai russi, e da lì proveniva la maggior parte dei polacchi che nel 1942 partirono dall’Unione Sovietica insieme all’esercito. Il rientro in patria non era quindi possibile. Nell’agosto del 1944 a Varsavia scoppiò la rivolta contro i tedeschi, alla quale l’Armata Rossa che stazionava dall’altra parte del fiume, non fornì supporto, aspettando tranquillamente che la culla della ribellione polacca venisse liquidata da mani tedesche. In quel momento Anders mandò dall’Italia il telegramma al ministro della difesa polacco e al Capo Supremo di Londra: “Il soldato non capisce la ragionevolezza della rivolta di Varsavia. Nessuno si faceva illusioni che i bolscevichi, nonostante le dichiarazioni, avrebbero aiutato la capitale. In queste condizioni la capitale, nonostante un eroismo senza precedenti nella storia, [ha] perso in partenza. La rivolta la consideriamo un crimine serio e chiediamo chi se ne deve assumere la responsabilità”.

Nel 1945 le truppe polacche in Italia erano sul procinto di ribellarsi contro gli Alleati di allora. Infine, l’anno successivo, avvenne la loro smobilitazione – i britannici accettarono di trasferire l’armata polacca in Inghilterra e in Scozia. Da lì, i soldati polacchi, dopo l’adattamento alla vita civile, partirono verso varie parti del mondo. „Il suolo appartiene alla Polonia, Anche se la Polonia è lontana da qui”.

Wojciech Markert

autor zdjęć: Centralne Archiwum Wojskowe, Narodowe Archiwum Cyfrowe, koloryzacja zdjęć: Mirosław Szponar

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